Farmaci che possono causare la gengivite

Alcuni farmaci, dai contraccettivi orali agli antipertensivi, possono contribuire a provocare la gengivite. Questa condizione può causare un aumento dei batteri nel tessuto parodontale e alterare, nel tempo, anche la stabilità dei denti in chi ha già una predisposizione.

Dai farmaci antipertensivi alla pillola

Come evidenziano studi recenti e una nuova classificazione delle malattie parodontali, alcuni medicinali di uso comune possono avere, come effetto indesiderato, un aumento del volume e del sanguinamento gengivale. In particolare, sono tre le tipologie di farmaci interessate:
  • Anticovulsivi,  impiegati per il trattamento dell’epilessia (come la fenintoina e il sodio valporato).
  • Calcio-antagonisti utilizzati come anti-ipertensivi (come la nifedipina, il verapamil, il diltiazem, l’amlodipina, la felodipina).
  • Immunoregolatori, come le ciclosporine, usati in soggetti che hanno subito un trapianto.
    A necessitare attenzione possono essere anche i contraccettivi orali, se usati in alte dosi.
Ovviamente, l’aumento dell’infiammazione e del volume gengivale che ne consegue non si presentano in tutti i pazienti che ne fanno uso. Inoltre, gli effetti possono variare anche nella stessa persona, a seconda dell’età o dal cambio di abitudini, come l’aumento o la cessazione del fumo e una più o meno accurata igiene orale.

Meglio informare il dentista sui farmaci che si assumono

In base a meccanismi diversi, l’aumento del volume gengivale indotto da questi farmaci può favorire l’accumulo di placca batterica sulla superficie dentale vicino alla gengiva. Questa, a sua volta, ne causa l’infiammazione.
Quindi, se si assumono questi farmaci, è sempre consigliabile informare il dentista e, in caso di necessità recarsi da un parodontologo per una visita di controllo. Nella maggior parte dei casi, basta una rimozione professionale della placca e del tartaro associata a una correzione delle manovre di igiene orale a casa. Nei casi più gravi, di comune accordo con il medico di famiglia e lo specialista, si può valutare l’eventuale sostituzione della terapia farmacologica.
Fonte: ansa.it
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