La malattia parodontale, più nota come parodontite o piorrea, affligge il 70% della popolazione italiana (dati Oms) ed è una delle cause principali della perdita dei denti.
È provocata da alcuni germi killer, come il temibile Porphyromonas gingivalis o il Fusobacterium nucleatum, che aggrediscono prima le gengive, che iniziano a sanguinare e ad arretrare e poi colonizzano tutto il sistema di sostegno del dente, distruggendolo.
Oggi però esiste un nuovo approccio integrato per curare a fondo questa infezione cronica e mantenere una dentatura a prova di sorriso.
Il test che identifica i batteri
Il primo step prevede un test che identifica quali e quante specie batteriche si annidano nelle tasche parodontali, “serbatoi” posti sotto il bordo gengivale dove i germi cattivi si replicano indisturbati perché, da lì, non riescono a stanarli né lo spazzolino, né gli antisettici o gli antibiotici.
Il dentista introduce delle punte di carta sterile nelle tasche e poi le invia in laboratorio. Una volta esaminate, sarà possibile stilare un identikit del potenziale offensivo della malattia e programmare un piano terapeutico adeguato.
La strategia di cura si articola in due fasi
La prima consiste in sedute di ablazione del tartaro realizzate sotto il controllo di un microscopio operatorio, grazie al quale il medico elimina la placca senza dover incidere la gengiva come succedeva con i trattamenti tradizionali.
La seconda fase prevede sessioni di laser al neodimio, che decontaminano in profondità le tasche gengivali. Non solo: oltre a uccidere i batteri e a eliminare l’infiammazione, il raggio laser stimola le cellule staminali, grazie alle quali l’osso e gli altri tessuti si rigenerano, inducendo un processo che dà nuova forza al sistema di sostegno del dente. Il trattamento è indolore e gli effetti curativi possono durare anche per sempre, a patto che si rispettino le regole di prevenzione.
Il trattamento di mantenimento per prevenire la piorrea
Per valutare la frequenza dei controlli successivi viene prescritto un test genetico su un campione di saliva. Il test consente di scoprire come il sistema immunitario sintetizza l’interleuchina 1 (fattore che favorisce l’infiammazione parodontale) e la 10 (che invece la contrasta).
Se la produzione della prima prevale e quella della seconda è deficitaria saranno necessarie sedute di igiene orale più ravvicinate. Il dentista potrebbe anche consigliare integratori a base di interleuchina 10 da assumere a cicli.
La parodontite può diventare un nemico della salute generale
Dalle tasche parodontali le tossine batteriche possono migrare nel flusso sanguigno, aumentando il rischio di disturbi cardiovascolari, demenza senile, Alzheimer e malattie autoimmuni.
Le ultime ricerche, inoltre, suggeriscono un collegamento tra alcuni batteri della parodontite e un aumento delle probabilità di sviluppare numerosi tumori.
La malattia è nemica anche della gravidanza: aumenta il rischio della nascita di bimbi prematuri e sottopeso.
Per questi motivi, al primo problema di gengive conviene fissare subito un appuntamento dal dentista!
Fonte: starbene.it